Il disegno di legge Cirinnà permetterà ai conviventi di fatto di regolamentare i rapporti patrimoniali relativi alla loro vita in comune con la sottoscrizione di un contratto di convivenza
Tale contratto, nonché le sue eventuali modifiche e la sua risoluzione, deve essere redatto in forma scritta a pena di nullità, nella forma di atto pubblico o di scrittura privata con sottoscrizione autenticata da un notaio o da un avvocato. Tale riconoscimento da parte del legislatore del ruolo di valenza pubblica degli avvocati, prosegue nella scia del decreto sugli accordi di separazione e divorzio in negoziazione assistita
Tali contratti hanno lo scopo di rendere “certe” tra le parti le assunzioni di responsabilità che gli accordi prevedono.
Dovrà essere cura del professionista che assisterà o predisporrà un contratto di convivenza, accertarsi che l’accordo non sia sottoposto a termini, né che sia vincolato al rispetto di condizioni, in quanto la legge prevede che, in queste ipotesi, le pattuizioni contrarie siano per non apposte.
Infine i professionisti incaricati dovranno anche attestare la conformità dell’accordo alle norme imperative e all’ordine pubblico.
Affinchè il contratto di convivenza sia valido anche nei confronti dei terzi che avranno rapporti di dare e avere con la coppia, il professionista autenticatore dovrà trasmettere l’atto per l’iscrizione all’anagrafe del comune di residenza dei conviventi, entro i 10 giorni successivi all’autentica
Il contratto di convivenza può contenere l’indicazione della residenza e le modalità di contribuzione alla vita in comune; i contratti di convivenza possono, infatti, prevedere con la massima precisione, sia le diverse tipologie delle spese da prendere in considerazione, sia quale misura spetti come onere a carico dell’uno o dell’altro dei conviventi, così pervenendo ad una ufficializzazione degli oneri che certamente gioverà alla coppia dei conviventi, specialmente nel momento finale della loro storia;
il contratto di convivenza può contenere altresì il regime patrimoniale della comunione dei beni di cui alla sezione III del capo VI del titolo VI del libro primo del codice civile; si tratta del regime di comunione legale previsto per i coniugi (ma in tal caso può essere stipulato solo per atto pubblico ex art. 162 c.c).
Il contratto di convivenza è affetto da nullità insanabile (che può essere fatta valere da chiunque) se è concluso in presenza di un vincolo matrimoniale, in presenza di un’unione civile, in presenza di un altro contratto di convivenza, oppure da persona minore o interdetta.
Il contratto di convivenza si risolve per accordo tra le parti, per recesso unilaterale, per morte di un contraente, per matrimonio o unione civile tra i conviventi o tra un convivente e altra persona
Nel caso di recesso unilaterale il professionista che autentica l’atto deve notificarne copia all’altro contraente
Nel caso in cui un contraente abbia contratto matrimonio o unione civile, il contraente medesimo deve notificare all’altro contraente e al professionista che ha autenticato il contratto di convivenza, l’estratto di matrimonio o di unione civile
Nel caso di morte di uno dei contraenti, il contraente superstite o gli eredi del contraente deceduto, devono notificare al professionista che ha autenticato il contratto di convivenza, l’estratto dell’atto di morte, affinchè il professionista provveda ad annotare a margine del contratto di convivenza l’avvenuta risoluzione del contratto e a notificarlo all’anagrafe del comune di residenza
Resta in ogni caso ferma la competenza del Notaio per il trasferimento di diritti reali immobiliari comunque discendenti dal Contratto di convivenza.