( Approvato dalla Commissione Affari Europei e Internazionali il 13-01-2021 )
INTRODUZIONE
Il presente vademecum si propone il solo obiettivo di fornire una prima informazione relativa alle implicazioni dell’intervento in atto notarile di un contraente di religione musulmana, sia nel settore del diritto di famiglia, che in quelli del diritto delle successioni e del diritto internazionale privato.
Esula quindi dal presente contesto qualsiasi pretesa di esaustività e completezza di informazione giuridica, che si potrà raggiungere solo con un preciso confronto col Paese di riferimento e con la sua attualità giuridica, nonché con lo studio approfondito del singolo istituto giuridico che interessa.
Sottolineando come i dettati del Corano siano declinati con diversità di rigore e di interpretazione a seconda del contesto giuridico di applicazione.
Si introduce questo argomento focalizzando l’attenzione sulla relazione fra Stato e Chiesa.
Nel mondo occidentale si è consolidata nel tempo la distinzione tra ambito religioso ed ambito politico-civile, con le due varianti di sistemi separatisti (come in Francia, dove è la sola legge statale a regolare il sistema religioso) e sistemi pattizi (come in Italia, Germania e Spagna, dove invece le relazioni sono regolate da accordi tra le parti).
Negli Stati tradizionalisti o improntati al fondamentalismo islamico, al contrario, vige una rigorosa concezione teocratica: il potere religioso domina sulla sfera civile (società e politica).
L’Islam è infatti molto più di una religione, anzi può essere definita come un organico sistema sociale e politico.
La legge è dettata per sempre da Dio nel Corano, non è modificabile dall’uomo, costituisce la base della vita giuridica e sociale e su di essa si basa la “Umma” o comunità islamica. La religione e la strutturazione della vita sociale, in alcuni campi come i diritti della persona, il diritto di famiglia, il diritto successorio, il diritto penale, tendono a identificarsi con la legge coranica o shari’a.
E’ la legge che il fedele musulmano porta con sé, ovunque si trovi ed alla quale deve obbedire.
Diventa quindi del tutto secondario ed irrilevante, per il credente musulmano, il contesto giuridico, sociale, economico, culturale ed anche geografico in cui si trovi a vivere, in quanto la legge coranica è immanente: con essa il fedele deve “fare i conti” in qualsiasi contesto e vicenda della sua vita.
Diventa quindi importante, per il consulente giuridico quale può essere il notaio, avere contezza dell’appartenenza o meno del cliente alla religione musulmana, al fine di:
- fornire un consiglio giuridico ed informazioni compiute, che tengano conto delle inderogabili
regole che discendono dalla fede musulmana; - consentire al musulmano la facoltà di scelta consapevole tra l’osservanza delle regole dettate dal diritto civile nel cui contesto ci si trovi ad operare e delle regole discendenti dalla legge coranica, non sempre tra loro compatibili;
- conciliare, nei limiti del possibile, i precetti fondamentali della legge coranica, con l’ordinamento giuridico nel quale ci si trovi ad operare, per le profonde diversità di modelli giuridici quali quello laico-occidentale e quello islamico-teocratico.
Ad esempio, le norme strutturali di fondo del diritto di famiglia e del diritto penale islamico contrastano con i principi di fondo dell’ordinamento italiano, il che comporta l’insorgenza di ostacoli anche per eventuali intese con lo Stato italiano (si pensi, ad esempio, alla inconciliabile distanza fra un sistema giuridico occidentale e la poligamia, o alla possibile esistenza di matrimoni senza effetti civili, o ancora al sistema bancario occidentale basato sul prestito ad interesse, vietato dalla morale islamica, ecc.)
Non bisogna però nemmeno dimenticare che se il Corano è il testo sacro di riferimento condiviso da tutti gli appartenenti alla religione musulmana, la sua concreta applicazione viene declinata in modo più o meno rigoroso a seconda dei diversi Paesi.
Molto varia ed articolata è infatti la gamma di formule secondo cui l’Islam interagisce con la vita sociale, passando da forme integraliste (Iran, Afghanistan, Nigeria, Sudan) a forme più moderate di Stati islamici modernizzati (come ad esempio la Tunisia che, tra l’altro, ha abolito la poligamia).
Il presente vademecum, privo, come detto, di qualsiasi pretesa di esaustività, è finalizzato soltanto a fornire pillole di conoscenza su alcuni dei precetti fondamentali del diritto musulmano affinché ci si abitui a indagare non solo sullo stato civile del cliente, ma anche sulla sua fede religiosa, onde evitare di applicare in modo pedissequo le norme del nostro ordinamento interno e vedere, in seguito, il cliente dover fare i conti al cospetto dell’autorità o coscienza religiosa.
Laddove si tratti di un soggetto musulmano, è auspicabile ricorrere all’ausilio delle relazioni internazionali con un collega di riferimento, al fine sia di individuare i limiti di derogabilità o meno dei precetti coranici che trovano applicazione nel caso specifico, sia di studiare un modus operandi che preservi possibilmente anche i precetti della fede islamica.
PARTE I – ISLAM E SUCCESSIONI – CATEGORIE DI SUCCESSIBILI
Esistono due assi ereditari: uno maschile e uno femminile, con privilegio della linea maschile. Solo nel diritto tunisino l’eredità è parificata.
La logica che regola le successioni mortis causa attribuisce rilevanza, nell’ordine, ai seguenti elementi:
1) grado di parentela degli interessati
2) l’erede più vicino riceve più di quello lontano
3) posizione nella generazione: l’erede più giovane riceve più del vecchio (a una speranza di vita lunga corrispondono maggiori oneri)
Gli EREDI sono soddisfatti nel seguente ordine:
a) Eredi coranici hanno diritto ad una quota fissa (coniuge, genitori, nonno paterno e ogni ascendente maschio collegato al defunto per via maschile, ava paterna o materna, la figlia, la nipote ex filia, la nipote ex filio, la sorella germana, la sorella consanguinea, il fratello uterino, la sorella uterina)
b) Eredi ùsabah sono i parenti prossimi del marito: ricevono quanto residua da eredi coranici.
Se non è presente questa categoria di successibili, le loro quote si accrescono agli eredi coranici (tranne il coniuge).
c) Parenti per linea femminile che non rientrano dei gruppi precedenti
d) Legatari
e) Erario
Gli AGNATI sono i parenti in linea maschile uniti da legami di parentela da parte dei maschi, ossia dei discendenti dello stesso padre, tenendo conto della sola linea maschile.
TIPOLOGIE DI SUCCESSIONE
In linea generale, nel mondo musulmano la successione è prevista e disciplinata come successione legittima, secondo le precise e complesse regole dettate dal Corano:
— la successione non richiede accettazione
— l’acquisto avviene di diritto
— non è prevista la rinuncia
— il testamento trova riconoscimento solo come ipotesi meramente residuale.
Il legato non può superare 1/3 del patrimonio, né deve avere come beneficiario un erede, salvo l’espresso consenso di tutti gli altri.
La moglie non musulmana non ha diritti successori nei confronti del marito. Tuttavia, con una disposizione testamentaria, il marito può destinare alla moglie non musulmana (che diventa così legataria) una quota sino a 1/3 del patrimonio.
Sul sito “Il Messaggero dell’Islam online”, pubblicato dal Centro islamico di Milano e Lombardia, nel numero 204 del 2017 si rinviene una sintesi delle principali regole del diritto islamico in tema di eredità: – https://centroislamico.it/pdf/204.pdf –
E’ possibile la nomina di un esecutore testamentario (per ripartire l’eredità o rappresentare gli eredi minori o assenti).
Sono cause ostative alla successione mortis causa:
1) In materia di libertà testamentaria del musulmano e diritti del coniuge superstite è di particolare interesse la sentenza emessa dalla Corte Europea dei diritti dell’uomo in data sentenza 19/12/2018 (caso Molla Sali c/ Grecia).
Con la suddetta sentenza, la Corte europea ha condannato la Grecia per aver violato il divieto di discriminazione sancito dall’art. 14 della CEDU (Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali) in combinato disposto con l’art. 1 del protocollo n. 1 (protezione della proprietà).
La decisione prende le mosse dal seguente caso. Una cittadina greca, sposata con un membro della comunità musulmana della Tracia, era beneficiaria, per testamento del marito, redatto da un notaio secondo le norme del diritto greco, dell’intero patrimonio del coniuge.
Le due sorelle del de cuius sostenevano la contrarietà del testamento con le norme della shari’a, vigenti per quella comunità (secondo cui alla moglie spetta ¼ dei beni del marito o 1/8 se vi sono figli).
Il Tribunale di primo grado e la Corte di appello greca avevano concordemente sancito trattarsi di una discriminazione inaccettabile, fondata su convinzioni religiose.
La Corte di Cassazione ribalta il verdetto: il diritto successorio musulmano è parte integrante del diritto interno e si applica ai cittadini greci di confessione musulmana, quindi il testamento del cittadino greco di confessione musulmana, redatto davanti a un notaio, non ha alcun effetto giuridico, in quanto la shari’a riconosce unicamente la successione ab intestato.
La Corte di Strasburgo dà invece ragione alla ricorrente: l’applicazione della shari’a è una discriminazione ingiustificata incompatibile con art. 14 CEDU, che è strettamente legato al godimento di diritti e libertà. L’interesse della ricorrente a succedere al marito è sufficientemente importante e legittimo per costituire un «bene» ai sensi dell’articolo 1 del Protocollo N.1
Lo Stato non può assumere un ruolo di garanzia dell’identità minoritaria di un gruppo specifico a discapito del diritto dei membri di questo gruppo di scegliere se appartenere o meno ad esso, ovvero se seguire o meno i costumi e le norme di questo.
Ogni cittadino deve mantenere il diritto all’auto-determinazione; nessuno svantaggio può derivare dalla sola circostanza di appartenere ad una minoranza. La preclusione, per i soli appartenenti alla comunità musulmana, di poter optare per una legge diversa dalla sharia, costituisce non solo una discriminazione, ma anche una violazione di un principio di importanza fondamentale nell’ambito della protezione delle minoranze, in quanto impedisce l’esercizio del diritto di non essere trattato, appunto, come minoranza.
La decisione della Corte di Strasburgo assume una valenza di particolare rilievo, in quanto individua le linee- guida per una serie indeterminata di casi analoghi, linee guida dalle quali è possibile desumere anche quelle che più interessano l’attività notarile:
- in caso di contrasto tra norma interna e quella della CEDU, il notaio è tenuto ad applicare la prima con una sua interpretazione conforme alla Convenzione;
- ove ciò non sia possibile, il notaio ha il dovere di informare il cliente sugli strumenti a disposizione per conseguire in via giudiziaria la tutela di quei valori che, anche attraverso la CEDU e la sua Corte, il nostro ordinamento gli riconosce.
- la differenza di fede: un musulmano non può ereditare da un non musulmano e viceversa
- l’aver provocato la morte del de cuius.
Sotto il profilo della quantificazione dell’asse ereditario, all’apertura della successione si segue il seguente procedimento:
1. deduzione dal patrimonio della somma necessaria al pagamento dei debiti e delle spese funerarie se i debiti sono pari o superiori al valore dell’attivo, esso viene distribuito interamente tra creditori
2. la differenza costituisce l’asse ereditario.
3. il maschio riceve il doppio rispetto alla femmina (obblighi economici del marito eccedono quelli della donna)
4. l’agnato più prossimo esclude il più remoto
5. non opera nella rappresentazione
— continua nella parte (2) —
1 | 2 | 3 | 4 |